Riflessione sul tempo che viviamo. E che vivremo…

Marzo 15, 2020by SALVATORE LAURIA

In questo momento si fa veramente fatica a trovare il lato positivo delle cose che tuttavia esiste e senza scoraggiarci, con tenacia, dovremmo imparare a scoprirlo.
A questo proposito l’ape e la mosca ci offrono due diversi insegnamenti.
L’ape in una distesa di spazzatura cerca il fiore piuttosto che prestare attenzione all’immondizia, l’ape resta concentrata nella sua ricerca del nettare ed è per questo entusiasta; ci insegna la capacità di focalizzarci sugli aspetti positivi. Ci sono difetti ovunque e non mancano mai le cose di cui lamentarci, ma come l’ape possiamo mirare alle buone qualità che ci circondano.
La mosca ha un altro tipo di mentalità, in un corpo sano si concentra nel succhiare una ferita infetta; la mosca può sorvolare un campo di fiori senza neanche accorgersene perché focalizza la sua attenzione sul gustare escrementi e immondizia, ignorando i lati positivi che sarebbero alla sua portata. Questo significa concentrarsi sulle mancanze e non sulle qualità. E’ facile trovare i difetti, e la critica fine a se stessa diventa dipendenza, ossessione.
Mentalità di ape o di mosca? dipende da noi.

Di là dall’entomologia, il tempo che viviamo sembra surreale e sta modificando la scala delle nostre priorità. Da alcuni giorni pensiamo in modo differente; le giornate erano scandite dai nostri impegni ai quali pensavamo: il lavoro, la famiglia, lo sport, la politica, l’organizzazione di viaggi, la lettura, lo shopping, l’aperitivo con gli amici, la musica, la cena di lavoro, l’aula di formazione, la corsa in bici o la gita fuori porta con l’auto storica, … Molte di queste cose non le pensiamo più, non le facciamo più, per il momento.
L’uomo è un animale politico che, al contrario degli altri animali che vivono in comunità, possiede le distinzioni morali che gli sono utili per vivere in società ed essendo egli parte del tutto, da solo vale ben poco perché è nel gruppo che trova il suo completamento; ha quindi bisogno, necessità della comunità. Se questo è vero, ed è vero, chi ritiene di non avere bisogno di socializzare, di partecipare alla vita associativa non può propriamente dirsi uomo, ma piuttosto – come direbbe Aristotele – una bestia o Dio! E poiché non è più il tempo degli Dei, in questo periodo ci sentiamo forzatamente in gabbia come delle bestie e, se possibile, sopperiamo a questa condizione utilizzando gli strumenti della tecnologia che ci permettono di riunirci a distanza, distanti ma uniti, in una nuova forma di socialità mediata, che evita ogni tipo di contatto fisico. Anche i nostri figli la sera si riuniscono coi loro amici su Skype e magari mangiamo una pizza insieme, ciascuno a casa propria. In questo contesto si insinua la teoria dei climi in base alla quale nelle latitudini più calde c’è più bisogno di contatto fisico, ci si bacia e ci si abbraccia continuamente. In questo momento si soffre di più.
Il tempo che viviamo, dicevamo, ci sta facendo riflettere su quali siano le priorità e probabilmente a pericolo cessato i nostri comportamenti non saranno più gli stessi. Innanzitutto, c’è poco da fare, stiamo tutti osservando che non esistono algoritmi o robot capaci di sostituire il valore della relazione umana. Questa crisi sta ricollocando l’uomo, con le sue fragilità, al centro del sistema facendo riflettere le istituzioni pubbliche e private che probabilmente saranno chiamate a rimodulare i loro progetti. Perché se è vero che questa situazione di emergenza sanitaria è un acceleratore nell’utilizzo di strumenti digitali che permettono di mantenere le relazioni ancorché a distanza, è altrettanto vero che l’uomo si impone al centro della scena come interprete principale dell’avvenire, come attore insostituibile del lungometraggio della vita in un nuovo Umanesimo di intrecci e interazioni, già suggerito da Edgar Morin.
Sul piano economico, il Covid-19 è il cigno nero di Taleb il quale sostiene che il sistema delle imprese è vulnerabile agli eventi pericolosi e inaspettati, e dato che i modelli per predirli sono inappropriati, l’unico modo che ci resta è tentare di limitarne le conseguenze negative. Tuttavia, la percezione del cigno nero dipende dall’osservatore che per un tacchino – afferma Taleb – sarà ben diversa che per il suo macellaio. Da qui il suo suggerimento: evitare di essere il tacchino cercando di trasformare in bianchi i cigni neri.
Mentre da un lato ci stiamo attrezzando mediante l’intervento dell’Associazione e il supporto della Compagnia, che necessariamente dovrà essere più esteso, riunite in comitato per arginare le conseguenze negative di questa crisi, dall’altro dovremmo già pensare al nostro futuro, a quando l’emergenza sanitaria sarà cessata e dovremo essere pronti a ripartire con slancio anche in modi nuovi senza perdere tempo prezioso.
Questo secondo punto di vista ci aiuterebbe a guardare al futuro recuperando entusiasmo e riprendendo a pensare alle prospettive del nostro lavoro.
E tutto questo possiamo farlo perché l’uomo è dotato di quella caratteristica principale che Keats chiamava capacità negativa, la capacità di vivere sospesi tra dubbi e incertezze. Ma di vivere…
Domani saremo ancora più forti.

Salvatore Lauria
Ufficio Comunicazione