
Estremamente interessante l’articolo scientifico pubblicato sulla rivista PNAS* ed elaborato sotto il coordinamento del dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin dell’Università La Sapienza. Ve ne proponiamo oggi la prima parte, tradotta per voi.
L’ONU ha lanciato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile per affrontare una crisi in corso: l’offensiva dell’uomo contro l’ambiente, che sta portando ad un degrado senza precedenti, al cambiamento climatico, all’ineguaglianza sociale e ad altre conseguenze negative a livello mondiale.
La crisi è determinata da un aumento drammatico dell’appropriazione delle risorse naturali – da parte degli esseri umani – per tenere il ritmo rispetto alla rapida crescita demografica, dallo spostamento dell’alimentazione verso un maggiore consumo dei prodotti di origine animale e da una maggiore domanda di energia. Vi è un diffuso riconoscimento del fatto che gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) sono interconnessi tra loro e che priorità quali la produzione di cibo, la conservazione della biodiversità ed il cambiamento climatico non possano essere considerate singolarmente. Di conseguenza, la comprensione di tali dinamiche è centrale nella realizzazione della vision dell’Agenda ONU 2030.
Ma il cambiamento ambientale influisce anche direttamente sulla salute favorendo l’insorgere di malattie infettive, e tale correlazione di solito non è compresa nella pianificazione finalizzata allo sviluppo sostenibile. Attualmente, 65 Paesi sono impegnati nell’Agenda Globale per la Sicurezza Sanitaria (Global Health Security Agenda – GHSA) e stanno mettendo a punto un piano strategico per i prossimi cinque anni (la Roadmap GHSA 2024) per migliorare la prevenzione, l’individuazione e la risposta rispetto alla diffusione delle malattie infettive in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2 e 3 sulla sicurezza alimentare e la salute umana. Senza un approccio integrato per mitigare l’emergenza sanitaria conseguente al cambiamento climatico, la capacità degli Stati di raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e dell’Agenda Globale per la Sicurezza Sanitaria saranno compromessi.
Le malattie infettive emergenti (Emerging infectious diseases – EIDs) come l’Ebola, l’influenza, la SARS, la MERS e, più recentemente, il Coronavirus (2019-nCoV) sono caratterizzate da mortalità e morbosità su larga scala, smantellano le reti commerciali e di trasferimento e stimolano disordini civili. Quando l’emergenza locale si espande a livello regionale o ad una pandemia globale, gli impatti economici possono essere devastanti: la SARS nel 2003, la pandemia H1N1 nel 2009 e le epidemie di Ebola in Africa occidentale nel 2013-2016 hanno provocato ciascuna un danno economico da 10 miliardi di dollari. L’attuale epidemia di un nuovo Coronavirus, che presenta una stretta correlazione con la SARS, sta mettendo in guardia il mondo ancora una volta. Mentre stiamo scrivendo questo articolo, circa 6 settimane dopo la scoperta del primo caso, il virus ha ufficialmente contagiato oltre 40.000 persone in 25 Paesi (più di 6.000 i casi gravi), ed ha provocato circa 1.000 morti. Sia la malattia che la paura della malattia hanno avuto considerevoli impatti economici e sociali, con restrizioni sugli spostamenti internazionali imposte da molti Paesi, decine di milioni di persone poste in quarantena, il drammatico tracollo del turismo e il crollo delle catene di approvvigionamento di prodotti alimentari, sanitari e manufatturieri. Le stime del probabile impatto economico superano già i 150 miliardi di dollari.
Sebbene le tecnologie per monitorare i rischi connessi alle malattie infettive emergenti stiano avanzando rapidamente, le politiche adottate per gestire tali rischi sono fortemente reattive, focalizzate sull’indagine e sul controllo delle epidemie e sullo sviluppo di vaccini e farmaci terapeutici destinati ad agenti patogeni noti. I processi che governano il rischio correlato alla malattia interagiscono in modo cruciale con quelli necessari a raggiungere molteplici scopi di tipo sociale. L’attuale mancanza di considerazione per queste interazioni genera nel sistema punti ciechi che debbono essere risolti per garantire che gli sforzi per lo sviluppo sostenibile non siano controproducenti e non compromettano la sicurezza della salute a livello mondiale.
* a cura di Moreno Di Marco, Michelle L. Baker, Peter Daszak, Paul De Barro, Evan A. Eskew, Cecile M. Godde, Tom D. Harwood, Mario Herrero, Andrew J. Hoskins, Erica Johnson, William B. Karesh, Catherine Machalaba, Javier Navarro Garcia, Dean Paini, Rebecca Pirzl, Mark Stafford Smith, Carlos Zambrana-Torrelio, and Simon Ferrier