Ora, diciamocelo. Lo usavamo, lo usiamo e continueremo ad usarlo, almeno finché non verrà fuori qualche altra piattaforma che considereremo più idonea alle nostre esigenze.
Diamo per scontato che ciascuno di noi adulti, consapevoli e professionisti – a fronte degli introiti strabilianti, palesemente non riferibili solo al ritorno delle inserzioni pubblicitarie – si sia già posto la fatidica domanda “Ma come guadagna Facebook?” e già da tempo si sia dato la risposta corretta.
Dimentichiamo per un attimo quella vocina insistente che ci suggerisce di chiedere a Zuck una compartecipazione agli utili.
Il fatto che Facebook sostanzialmente guadagni vendendo i nostri dati alle aziende e che le aziende siano disposte a spendere cifre consistenti per acquistarli fa capire una cosa: il nocciolo vero della questione è che le informazioni che rilasciamo a quella e ad altre piattaforme vengono acquistate dalle imprese di ogni settore non solo per creare campagne di marketing mirate ma anche per profilare e segmentare i consumatori in maniera sempre più dettagliata, in modo da elaborare modelli di tariffazione e assunzione sempre più granulari e specifici (nel caso del settore assicurativo).
Ma non è affatto detto che solo le Compagnie possano attingere all’infinita marea di dati oggi disponibili ed acquisibili tramite fonti molteplici e diversificate, per definire le proprie strategie. Tanto è vero che l’indagine EIOPA di cui stiamo parlando nella nostra rubrica Wizard coinvolge anche un certo numero di intermediari.
I quali – se parliamo di professionisti specializzati, qualificati e competenti come gli Agenti sono – hanno la possibilità di coniugare i risultati dei processi di analisi delle informazioni con la conoscenza pulsante, profonda, concreta e “vera” delle persone che incontrano ogni giorno.
Il “caso Facebook”
Facebook non è gratis, né lo è mai stato. D’altro canto, non si capisce neppure perché dovrebbe esserlo: a quale impresa si chiederebbe di mettere a disposizione gratuitamente dei consumatori un qualsiasi servizio, rinunciando all’equo profitto?
E infatti il punto non è questo.
Il punto – sostiene l’Antitrust – è che ai fruitori veniva (mendacemente) garantita una imperitura gratuità, senza spiegare con la dovuta chiarezza che invece quel servizio lo stavano pagando, e anche sostanziosamente, con quello che oggi è il vero oro: i propri dati.
Per questo, a fine novembre 2018, l’AGCM aveva emanato un Provvedimento nei confronti di Facebook per pratica commerciale scorretta, comminando inoltre una sanzione da 5 mln di euro (bazzecole, per Mark).
Spiega l’Authority “Con tale decisione l’Autorità aveva accertato la scorrettezza della pratica commerciale di Facebook di omessa adeguata informativa agli utenti consumatori, in sede di registrazione al social network, della raccolta e dell’utilizzo a fini commerciali dei dati da essi forniti e, più in generale, delle finalità remunerative sottese al servizio, viceversa enfatizzandone la gratuità. Con la conseguenza di indurre i predetti utenti ad assumere una decisione di natura commerciale che, altrimenti, non avrebbero preso.
La decisione si fondava sulla valutazione che il patrimonio informativo costituito dai dati degli utenti di Facebook, in ragione della profilazione dei medesimi ad uso commerciale e per finalità di marketing, acquista un valore economico idoneo a configurare l’esistenza di un rapporto di consumo, anche in assenza di corrispettivo monetario”.
La vicenda, però, non appare ancora conclusa: il 21 gennaio scorso l’Antitrust ha avviato un procedimento di inottemperanza nei confronti del Social più famoso al mondo perché – pur avendo rimosso la famosa frase “È gratis e lo sarà per sempre” – tuttora il consumatore che voglia attivare un profilo non viene informato con la chiarezza e l’immediatezza necessarie rispetto alle finalità remunerative legate alla raccolta ed all’utilizzo dei suoi dati.
Risulta, inoltre, all’AGCM che Facebook non abbia pubblicato la dichiarazione rettificativa, richiesta a suo tempo nel Provvedimento di novembre, sulla homepage del sito internet aziendale per l’Italia, sull’app Facebook e sulla pagina personale di ciascun utente italiano registrato.