Lo scorso 10 aprile Jama Network – sito dell’Associazione Medica statunitense – ha pubblicato un interessante articolo dal titolo Le conseguenze del COVID-19 e del distanziamento fisico sulla salute mentale – La necessità di prevenzione e di intervento precoce a cura dei Professori Sandro Galea, Raina M. Merchant e Nicole Lurie.
Nella convinzione che una maggiore consapevolezza delle ripercussioni psicologiche che questo lungo momento di emergenza e tutti gli aspetti correlati potrebbero avere possano esserci di aiuto nel comprendere meglio noi stessi e le persone con cui ci relazioniamo ogni giorno anche a livello professionale, pensiamo di fare cosa utile proponendovene la traduzione integrale.
Distanziamento sociale: è necessario, ma attenzione alle conseguenze per la psiche
Dal momento in cui il primo caso della nuova malattia da coronavirus (il COVID-19) è stato diagnosticato nel dicembre 2019, l’epidemia si è diffusa in tutto il mondo ed ha dato il via ad un intervento di tipo globale. Ciò ha condotto a sforzi mai visti prima finalizzati al distanziamento fisico (chiamato nella maggior parte dei casi “distanziamento sociale”) in tutti i paesi del mondo, che hanno prodotto modifiche nei modelli comportamentali nazionali ed interruzioni nella normale operatività quotidiana.
Sebbene questi passi possano essere decisivi nella mitigazione della diffusione della malattia, avranno però indubbie conseguenze sulla salute mentale ed il benessere dei cittadini tanto a breve quanto a lungo termine. Si tratta di conseguenze la cui importanza deve senz’altro motivare un impegno immediato nella prevenzione e nell’intervento diretto per ridurre l’impatto dell’epidemia sulla salute mentale a livello individuale e collettivo.
La pandemia di COVID-19, un vero e proprio trauma da non sottovalutare
La letteratura attualmente disponibile sulle ripercussioni delle epidemie sulla salute mentale fa più che altro riferimento alle conseguenze della malattia stessa (vedi le madri dei bambini con la sindrome congenita di Zika) che a quelle del distanziamento sociale.
Comunque i disastri su larga scala, che siano traumatici (come gli attacchi al World Trade Center o gli eccidi di massa), naturali (come gli uragani), o ambientali (come la fuoriuscita di petrolio dalla Deepwater Horizon), sono quasi sempre accompagnati dall’aumento di stati depressivi, disordini da stress post traumatico (PTSD), abuso di sostanze, un’ampia gamma di disordini mentali e comportamentali, violenza domestica e abuso dei minori. Per esempio, il 5% della popolazione coinvolta nell’Uragano Ike nel 2008 ha evidenziato disturbi depressivi maggiori nel mese successivo all’evento; 1 su 10 cittadini adulti di New York ha mostrato sintomi di disordini mentali nel mese seguente agli attacchi dell’11 settembre e quasi il 25% dei Newyorchesi ha aumentato l’uso di alcolici dopo gli attacchi. Le comunità coinvolte dal disastro della Deepwater Horizon hanno mostrato evidenze clinicamente significative di depressione ed ansietà. Anche l’epidemia di SARS è stata associata ad un aumento dei disturbi da stress post traumatico, stress e disagio psicologico in pazienti e personale sanitario. Nel caso di simili eventi, l’impatto sulla salute mentale può manifestarsi nel periodo immediatamente successivo e poi persistere per lungo tempo.
Tre passi per prevenire o almeno mitigare i disagi psichici
Nel contesto della pandemia di COVID-19, assisteremo probabilmente a significativi aumenti di ansietà e depressione, abuso di sostanze, senso di solitudine e violenza domestica; e con le scuole chiuse, vi è un rischio concreto di un picco degli abusi sui bambini. Si tratta di un problema così significativo che il Regno Unito ha diffuso una guida di primo aiuto psicologico elaborata da Mental Health UK. Sebbene non esista una chiara letteratura sulla scienza della prevenzione a livello collettivo, possiamo concludere che 3 passi, intrapresi sin da ora, possono contribuire a prepararci in maniera proattiva per l’inevitabile aumento dei disagi psichici e delle relative conseguenze correlati a questa pandemia.
Primo: utilizzare la tecnologia per avvicinare chi è costretto a restare lontano
Primo, è necessario prepararsi all’inevitabilità della solitudine e alle sue conseguenze sulle popolazioni isolate socialmente e fisicamente e sviluppare modalità di intervento. L’uso delle tecnologie digitali può ridurre il distanziamento sociale anche laddove siano poste in essere misure di distanziamento fisico. Le strutture dove normalmente le persone si aggregano – luoghi di culto, palestre, centri di yoga – possono condurre attività on line secondo un programma simile a quello in atto prima del distanziamento sociale. Alcune aziende stanno creando spazi operativi virtuali dove le persone possono lavorare e connettersi in video, in modo da non essere soli. I datori di lavoro dovrebbero fare in modo che ogni dipendente sia contattato ogni giorno della settimana lavorativa, tramite un supervisore o un supporto di gruppo, proprio per mantenere il contatto sociale.
Molti osservatori notano che il coinvolgimento tramite modalità in voce e/o video è maggiore rispetto a quello ottenuto tramite email e messaggistica. Dovrebbero essere fatti sforzi ulteriori per garantire la possibilità di connessione alle persone maggiormente a rischio di marginalizzazione e isolamento, ivi compresi gli anziani, gli immigrati irregolari, i senzatetto, e i disabili psichici. I social media possono essere anche utilizzati per incoraggiare incontri di gruppo ed indirizzare le persone a risorse affidabili per ottenere supporto psicologico. Queste piattaforme possono inoltre sviluppare funzioni di check-in finalizzate a fornire un contatto costante con gli utenti e/o consentire alle persone di condividere informazioni sul proprio stato di salute e la necessità di risorse. Anche con tutte queste misure,vi saranno fasce di popolazione sole ed isolate. Questo suggerisce la necessità di adottare modalità in remoto di contatto e screening per individuare le situazioni di solitudine, in modo da offrire il necessario supporto sociale alle condizioni di salute mentale che vi sono associate.
Sotto questo profilo, particolarmente rilevanti sono lo sviluppo e la cura delle routine quotidiane, soprattutto per i bambini in questo momento esclusi dalla vita scolastica, facendo in modo che seguano un programma regolare di lavoro. Modalità sostitutive virtuali, come già detto sopra, possono essere estremamente utili, ma non tutti i bambini hanno accesso alle tecnologie che consentono la connessione in remoto. Pertanto occorre adottare un approccio che garantisca la struttura adeguata, la continuità dell’apprendimento e la socializzazione per mitigare gli effetti che a breve e lungo termine questa situazione potrebbe produrre.
Secondo: aiutare chi non è in grado di difendersi
Secondo, è fondamentale mettere in atto meccanismi di sorveglianza, segnalazione e intervento, soprattutto nei casi di violenza domestica e abuso sui bambini. Gli individui a rischio di abuso potrebbero avere possibilità limitate di segnalare la propria condizione o chiedere aiuto quando le misure di contenimento prevedono una convivenza prolungata in casa e la limitazione degli spostamento al di fuori del proprio domicilio. Servono quindi sistemi atti a bilanciare la necessità di distanziamento sociale e di accessibilità di luoghi sicuri per le persone a rischio, ed i servizi sociali dovranno individuare approcci creativi nel dare risposta alle segnalazioni ricevute.
Terzo: fornire assistenza costante e graduale, anche se a distanza
Terzo, è il momento di sostenere la nostra struttura di supporto alla salute psichica nell’affrontare le inevitabili sfide connesse alla pandemia di COVID-19. L’assistenza graduale, ovvero la pratica di fornire ai pazienti il trattamento più efficace e meno dispendioso in termini di risorse e poi passare ad un trattamento più pesante a seconda della necessità, è un approccio utile. Ciò deve prevedere che i sistemi siano ben progettati e ben preparati a somministrare questo tipo di assistenza ai pazienti, dal momento dello screening a quello dell’insorgenza dei disturbi mentali che inevitabilmente scaturiranno da questa pandemia. Adottare questo approccio graduale nel corso della crisi richiederà creatività. Le comunità e le organizzazioni potrebbero considerare di istituire gruppi di training non tradizionali per fornire un primo aiuto psicologico, formando i componenti non professionisti affinché siano in grado di controllarsi ed aiutarsi reciprocamente. Anche piccole indicazioni di interessamento possono fare la differenza nei primi stadi di isolamento sociale. Tele-consulti psicologici, consulti di gruppo, assistenza erogata tramite piattaforme tecnologiche saranno elementi importanti di assistenza graduale sia nei momenti acuti di crisi sia a livello di supporto e comunicazione di routine. Medicare ha già ampliato i servizi di supporto psicologico a distanza per includere consulti psicologici e visite virtuali con medici specialisti e assistenti sociali. E i sistemi sanitari pubblici e privati dovranno sviluppare meccanismi per rifornire e consegnare i farmaci essenziali, compresi quelli psichiatrici.
Un momento difficile, che può essere una opportunità
Questo difficile momento cionondimeno offre l’opportunità di far evolvere la nostra comprensione di come fornire il primo aiuto psicologico e l’assistenza alla salute mentale a livello preventivo, collettivo e nazionale e di emergere da questa pandemia avendo sviluppato nuove modalità di supporto. La pandemia mondiale di COVID-19, e gli sforzi per contenerla, rappresentano una minaccia unica e dobbiamo riconoscere la pandemia che immediatamente vi farà seguito – quella della malattia mentale e comportamentale – implementando i passi necessari a mitigarla.