Conseguenze dell’aumento rischio inondazioni per le aree costiere nel mondo

Settembre 15, 2020by Alessandra Schofield

Il cambiamento climatico sta accentuando il potere distruttivo delle inondazioni determinate dalle precipitazioni estreme e dal conseguente innalzamento di mari e fiumi.

Molte città nel mondo sono esposte al fenomeno. Il rischio di inondazioni costiere potrebbe essere peggiorato sia dai forti venti durante le tempeste e gli uragani (che possono accrescere le mareggiate) sia dall’innalzamento stesso del livello del mare.

Le modifiche nella direzione degli uragani possono esporre al rischio nuove aree geografiche. In più, diversi tipi di inondazione possono verificarsi contemporaneamente, sommandosi con effetti devastanti.

Un innalzamento nella temperatura globale di 1,5°C comporterebbe per l’11% della superficie terrestre un significativo incremento nelle inondazioni; se l’aumento toccasse i 2°C le aree a rischio raddoppierebbero.

Che possibilità hanno le città costiere di invertire questa tendenza?

È la domanda che si pone la società di ricerca McKinsey.

Le aree costiere presentano da sempre, per definizione, caratteristiche favorevoli all’urbanizzazione: per fare un esempio, la vicinanza al mare e ai fiumi agevola i trasporti e vi è disponibilità di acqua fresca e di terreni pianeggianti ottimali ai fini di un rapido sviluppo.

Tuttavia, allo stesso tempo, lo sviluppo urbano in queste zone sta distruggendo le superfici naturali ed ampliando quelle impermeabilizzate, limitandone il drenaggio.

La domanda crescente di territorio da parte delle aree cittadine aumenta quindi il rischio di inondazioni, dato che per recuperare spazio destinato alla crescita vengono ristretti i letti dei fiumi, riducendone la capacità di flusso.

Ci si trova quindi di fronte all’aumento combinato sia del rischio che dell’esposizione al rischio.

Alle città storicamente più esposte alla minaccia di inondazioni – come Dakka, Guangzhou, Miami, Bombay, New Orleans e New York – se ne aggiungeranno altre che dovranno fronteggiare questo rischio per la prima volta.

Solo negli USA sono 90 le comunità costiere sottoposte alle inondazioni in maniera cronica, e se ne prevede il raddoppio in 20 anni. Qingdao, in Cina, ipotizza un incremento dell’esposizione del 2.000% entro il 2070. Molte tra le maggiori città africane, come Lagos, Luanda e  Mogadiscio, vedranno un sostanziale accrescimento del rischio inondazioni.

Quando le città vengono inondate, in aggiunta ai devastanti numeri in termini di vittime il patrimonio immobiliare viene distrutto, i sistemi infrastrutturali tracollano ed intere popolazioni rischiano di restare prive di servizi fondamentali come l’energia elettrica, i trasporti e le comunicazioni.

Durante l’Uragano Sandy, nel 2012, per oltre 8 milioni di case è stata interrotta la fornitura elettrica. Durante l’Uragano Harvey, nel 2017, le infrastrutture hanno subito danni per 10 miliardi di dollari e la maggior parte delle vittime si è registrata tra coloro che cercavano di utilizzare i mezzi di trasporto. Durante l’Uragano Irma, sempre nel 2017, su alcune isole caraibiche è andato distrutto oltre il 95% dei ripetitori.

I sistemi infrastrutturali spesso servono una popolazione maggiore rispetto a quella della città corrispondente; la crescente gravità dei fenomeni estremi può complicarne il recupero e la riparazione, privando le persone che ne usufruiscono per lungo tempo.

Fonte foto: La Presse/Reuters

Alessandra Schofield

Iscritta all’Ordine dei Giornalisti del Lazio, da oltre vent'anni sono vicina alle realtà associative di primo e di secondo livello degli Agenti d’assicurazione, prestando consulenza professionale nell’ambito della comunicazione. All’attivo ho anche un’esperienza nel mondo consumeristico. Attualmente collaboro con AUA Agenti UnipolSai Associati, dedicandomi a questo grande e coinvolgente progetto con passione ed entusiasmo.