
Con l’intento di comprendere meglio i molteplici aspetti del momento emergenziale che stiamo vivendo, proseguiamo nella traduzione dell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica PNAS, che richiama l’attenzione alla necessità di coniugare gli obiettivi di sviluppo sostenibile con l’attenzione al rischio di pandemie.
Vi è un crescente interesse da parte del mondo politico rispetto alle interazioni tra il cambiamento ambientale globale e la salute umana: malattie non trasmissibili in conseguenza del cambiamento climatico, mortalità e morbosità a seguito di eventi atmosferici estremi, asma correlata all’inquinamento e diffusione di malattie trasmesse da vettori.
Di contro, è stata prestata scarsa attenzione alle interazioni tra il cambiamento ambientale e l’insorgenza di malattie infettive, a dispetto della sempre crescente evidenza del collegamento tra questi due fenomeni.
Circa il 70% delle EID (malattie infettive insorgenti – Emerging Infectious Diseases) e quasi tutte le recenti pandemie traggono origine dal mondo animale (soprattutto dalla fauna selvatica), ed il loro presentarsi deriva dalle complesse interazioni tra gli animali selvatici e/o domestici e gli esseri umani.
L’insorgenza delle malattie è correlata con la densità della popolazione umana e la varietà della fauna selvatica, e trae impulso dai cambiamenti antropogenici come la deforestazione e l’estensione delle aree ad uso agricolo, l’incremento dell’allevamento intensivo così come della caccia e del commercio di animali selvatici.
Per esempio, il presentarsi del virus Nipah in Malesia nel 1998 venne correlato all’intensificazione dell’allevamento suino ai margini delle foreste tropicali dove stanziano i pipistrelli della frutta; le origini di SARS ed Ebola sono state ricondotte ai pipistrelli oggetto di attività venatoria (nel caso della SARS) o vivono in regioni nelle quali lo sviluppo umano è in fase di incremento (nel caso di Ebola).
La mitigazione delle cause sottostanti l’insorgenza delle malattie dovrà pertanto comportare una considerazione delle varie dimensioni dello sviluppo socioeconomico, il che include che gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile tengano conto di un’ampia gamma di elementi sociali.
L’Obiettivo n. 3 dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile punta a “assicurare vite in salute e promuovere il benessere per tutti a qualsiasi età”. La riduzione del rischio globale di malattie infettive è parte di questo Obiettivo (il punto 3.3) unitamente al rafforzamento delle strategie di prevenzione per identificarne i primissimi segnali d’allarme (punto 3.d).
Assunta la diretta correlazione tra il cambiamento ambientale ed il rischio di insorgenza di malattie infettive (EID), le azioni intraprese per raggiungere gli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile impatteranno (in senso positivo o negativo) sul conseguimento dell’Obiettivo n. 3.
In particolare, le correlazioni maggiori sono con gli Obiettivi n. 2 e n. 15.
L’Obiettivo n. 2 tende ad implementare la produzione agricola in una logica di aumento della sicurezza alimentare globale, il che probabilmente prevederà l’espansione e/o l’intensificazione dei sistemi di coltivazione e produzione di bestiame (entrambi concorrenti al rischio EID).
L’Obiettivo n. 15 si pone lo scopo di salvaguardare gli ecosistemi del globo terrestre, con dirette implicazioni sulla mitigazione del rischio EID a fronte del ruolo preminente che la perdita degli habitat gioca nella trasmissione di agenti patogeni.
Altri fattori, come l’instabilità sociale negli stati coinvolti in un conflitto, esercitano un forte effetto amplificatore sulle malattie infettive emergenti. I conflitti provocano la migrazione umana, che influenza il rischio di trasmissione e può seriamente limitare la nostra capacità di controllare le epidemie distruggendo i sistemi sanitari.
L’Obiettivo n. 16, che promuove istituzioni efficaci e responsabili a tutti i livelli e gli sforzi per porre termine alla violenza ed ai conflitti, rafforzando la resilienza rispetto a qualsiasi rischio, dovrebbe riconoscere nelle malattie una minaccia alla sicurezza sociale.
A dispetto di queste interazioni con l’Obiettivo n. 3, la ricerca si è generalmente concentrata su un piccolo numero di collegamenti consolidati tra gli altri obiettivi, per esempio tra il sequestro del carbonio e la conservazione della biodiversità, la conservazione della biodiversità e la produzione alimentare, o la produzione alimentare e le emissioni di carbonio.
Questi studi ignorano il ruolo che il rischio EID gioca nella salute umana, generando un punto cieco nelle strategie politiche: gli sforzi per ridurre il rischio EID includono l’interscambio con altri obiettivi sociali, i quali in definitiva fanno riferimento alle medesime risorse planetarie.
Allo stesso tempo, ignorare il rischio di insorgenza delle malattie infettive potrebbe significare trascurare importanti sinergie nel raggiungimento degli altri obiettivi, riducendo così la percezione dei benefici che una determinata politica si pone o ignorando le maggiori conseguenze derivanti dalla mancanza di intervento.